“Telemomò” di e con ANDREA COSENTINO
Produzione ALDES, Pierfrancesco Pisani (2007);
con il sostegno di MIBAC – Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo,
REGIONE TOSCANA / Sistema Regionale dello Spettacolo
La rassegna “Borghi Maestri della Scena” prosegue Venerdì 16 Dicembre al Teatro dell’Iride di Petritoli con “Telemomò” dell’Attore abruzzese Andrea Cosentino, Premio Ubu 2018.
Telemomò è la prima televisione a filiera corta, autarchica, ecologica e interattiva. É il disvelamento esilarante della povertà del linguaggio televisivo che viene mimato mediante la povertà materiale di un teatrino d’animazione artigianale. Un cavalletto sul quale è fissata la cornice bucata di un televisore, dentro cui si affacciano primi piani reali e bambole di plastica che “tribolano” sbatacchiandosi, mezzibusti televisivi fatti di barbie senza gambe, e ancora parrucche, giocattoli, pezzi di corpo e brandelli di oggetti. Telemomò è anche il pulpito dal quale lanciare improbabili proclami politici e surreali analisi sociologiche. Se la televisione ha fatto l’Italia di oggi, di lì si dovrà passare per disfarla.
Andrea Cosentino è Attore, autore, comico e studioso di teatro. Tra i suoi spettacoli “La tartaruga in bicicletta in discesa va veloce”, “Antò le Momò – avanspettacolo della crudeltà”, “Primi Passi sulla Luna” (pubblicato da TIC edizioni, 2013). Le sue apparizioni televisive vanno dalla presenza come opinionista comico nella trasmissione AUT-AUT (Gbr-circuito Cinquestelle) nel 1993, alla partecipazione nel 2003 alla trasmissione televisiva Ciro presenta “Visitors” (RTI mediaset). Andrea ha ricevuto il Premio Speciale UBU 2018 “per la sua lunga opera di decostruzione dei linguaggi televisivi attraverso la clownerie, e in particolare per Telemomò”.
Biglietti in vendita su questo sito. Il sipario si alza alle 21:00.
Per informazioni: ArTime 347 602 2024.
RASSEGNA STAMPA
Nico Garrone – La Repubblica – 15/2/2008
“[…] un bislacco cabaret sul mondo come fiction che parafrasando Totò richiama Artaud. Entrando e uscendo da un pannello nero, moltiplicandosi, Cosentino dialoga con il burattino di Artaud manovrato a vista come in un casalingo bunraku, o, prima di approdare ad una pulcinellata nera sul delitto di Erba, apoteosi del tragico contemporaneo, programma nella cornice vuota del televisore il palinsesto di “Telemomò”, demenziale teatrino mediatico a misura di Barbie. La crudeltà è dietro l’angolo delle soap opera…”
Franco Cordelli – Corriere della Sera – 18/2/2008
“[…] Da un po’ di tempo si parla di Andrea Cosentino come di un erede dei fabulatori; ben altro tipo, lui, di fabulatore, piuttosto improvvisatore, intrattenitore sofisticato, intellettuale in vacanza sui piccoli palcoscenici della città, […] E’ dalle parti di Leo, quando Leo fece “Totò principe di Danimarca”. Ma oggi i tempi sono più tristi ancora. Oggi, Cosentino è costretto a parlare di televisione, a travestirsi da Pulcinella, a maneggiare “pecore mantecate”, come sempre lui le chiama, a disquisire sulla strage di Erba.”
Antonio Audino / Il Sole 24 Ore – 24/2/2008
“[…] In fondo è anche colpa di Antonin Artaud e delle sue visioni profetiche e allucinate se oggi un attore in scena può fare tutto quello che vuole. Provare, per credere, a vedere il geniale Andrea Cosentino nei mille bagliori comici, satirici e parodistici del suo […] avanspettacolo della crudeltà. Quell’Antò non può che essere il maestro di tanto pensiero scenico contemporaneo, che qui appare in forma di pupazzo bunraku animato dall’attore in un brandello di una quanto mai probabile invettiva a negazione dell’esistenza di Dio…”
Rossella Battisti – l’Unità – 21/2/2008
“… naviga fra Totò e Artaud, scovando il sublime nel trash di soap televisive messe su con due Barbie e una parrucca. Oppure, dialogando a vista con il manichino di Artaud che cerca di catturare Dio con una sigaretta e un marchingegno degno di Archimede Pitagorico. E’ il nonsense elevato a drammaturgia quotidiana, l’irrompere della banalità nel tragico. […] E’ la concentrazione del nulla, il sottovuoto vertiginoso che ci circonda e tenta di risucchiarci. Il cabaret, anche quello un po’ noir, di Cosentino è lì a ricordarcelo con crudeltà sottile. Come una silhouette di un cartoon, come il filo di fumo cattura-divinità. Esile e tenace. Un gioco di equilibri su una corda tesa sull’abisso. Della nostra (in) umanità.”